Vetto vanta una felice posizione, alto sulla sponda destra dell'Enza in una conca ai piedi dei Monti Costa e Faille, balcone naturale su tutta la valle. Le sue frazioni hanno conservato caratteristiche architettoniche ed ambientali introvabili ormai nel resto della montagna reggiana. Le prime notizie documentate dell'esistenza del paese non vanno oltre il XII secolo ma una radicata tradizione locale insiste sulle sue origini romane, fondandosi essenzialmente su rilievi di carattere toponomastico. Vetto, infatti, deriverebbe dal latino vectus, "condotto, trasportato", con riferimento al luogo di attraversamento del fiume, oppure rinvierebbe ad una ancora meno probabile fondazione da parte della nobile stirpe dei Vetii. La chiesa, di origine preromanica, è stata ristrutturata nel 1620, risistemata nel 1930 e parzialmente rinnovata, sia all'interno che all'esterno, negli ultimi vent'anni. Oltre alla seicentesca "volta a botte" dell'abside e ad una cornice dell'inizio del 1100, la parrocchia vettese conserva un tabernacolo ed un armadietto del 1500 e due confessionali del 1600. In via Micheli è degno di nota il portale di "Casa Agostino", prima residenza dell'Amministrazione comunale. Sul sasso è stata scolpita nel 1859, la scritta "Viva Vittorio Emanuele secondo nostro Re e prode soldato - Viva il generoso Napoleone III - Viva l'invincibile Garibaldi ". A poco più di un chilometro da Vetto, emerge, dal greto dell'Enza, la sagoma del "pontaccio", un antico ponte ad arco con struttura in pietra. Da qui, prende il nome l’omonima cooperativa sociale di comunità costituita a marzo di quest’anno. Si trovano sul letto del fiume scendendo da Vetto verso valle.
Coordinate: 44.4937767, 10.3277494
In assenza di dati storici comprovati, alcuni appassionati storici locali lo fanno risalire all'epoca Romana. Maggiormente accreditata è la tesi che lo fa risalire all'età matildica.
Si tratta certamente di un manufatto di antica origine che permetteva le comunicazioni tra i due versanti del fiume. Da qui, prende il nome l’omonima cooperativa sociale di comunità costituita a marzo di quest’anno e che quest’estate ha visto la nascita nel capoluogo del ristorante, della gelateria e dell’info point Il Pontaccio che si appresta ad affrontare la stagione invernale e la futura stagione primaverile con un calendario di ricche iniziative. Oltre alle bellezze del capoluogo, sulle colline limitrofe possiamo trovare la Casa dei Dalla Palude all’ingresso di Pineto che è stata residenza di questa antica famiglia. L'edificio ha subito danni ad opera del terremoto del 1920 ma conserva ancora un eccezionale interesse storico-artistico. La facciata è caratterizzata da due ordini di loggiato con colonnine tonde. All'interno del loggiato e dei vani sono notabili numerosi affreschi raffiguranti immagini sacre attribuibili al secolo XVII. Un secondo portale quadrangolare ad architrave modanato, situato al primo piano, è datato "1583". Si evidenzia l'antico oratorio interno, che riporta affreschi seicenteschi. Un altro luogo d’ispirazione è la Casa a torre di Legoreccio, nell’omonima località. Nell'estremità meridionale dell'abitato è visibile un antico pozzo con arco a tutto sesto e mensole per lo stallo dei contenitori da acqua. Vi si osservano nicchie votive con immagini sacre ed un concio di pietra recante il millesimo 1889.A circa 200 metri ad est della Corte dei Da Palude si innalza una casa a torre quattrocentesca dalle pregevoli caratteristiche, appartenente alla famiglia Terzi. Al piano terra della casa si aprono numerose feritoie ed un portale a mensole concave sormontato da architrave scolpito con la classica rosa celtica. Al primo piano sono visibili due finestrelle a mensole concave riquadrate in arenaria recanti raffigurazioni simboliche a rilievo. Un cordolo di colombaia marca il timpano del tetto a due falde. Si evidenziano tre mensole per stendardi affiancanti le finestrelle. La costruzione viene ancora indicata col termine di "La Dogana" o "La Salina" in memoria dell'antico confine tra il Ducato di Modena e lo Stato Parmense che era poco discosto. Nei pressi si osserva una seconda casa a torre, di proprietà della famiglia Rabotti, riferibile alla fine XVI - inizi XVII secolo, con tetto a quattro falde, colombaia ed alcune finestrelle zigrinate. Tracce della lavorazione delle materie prime della cucina tradizionale montanara, fatta di farine di grano ma anche di castagne, si possono trovare a il Mulinaccio, a Santo Stefano. L'opificio nel 1821 è indicato come mulino di Pineto.
Presenta una struttura in pietra, articolata su due piani con copertura a due falde. Nel 1970 ha cessato ogni attività. Rimangono solo due macine, delle tre originarie, con relativo telaio ligneo.
All'interno si trovano ancora diversi attrezzi della lavorazione.
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